Oggi parliamo del seminario del 3 aprile che ha tenuto Epic Games e Untold Games, una società con oltre 10 anni di esperienze in creazione di contenuti e consulenza per industrie creative (non ho bisogno di dirvi chi è Epic Games, giusto?).

Partiamo subito con le 4 parole!

Ecosistema

La prima è stata detta proprio all’inizio da Daniele Barone di Epic Games: ecosistema. Si riferiva a tutti i tool e sistemi che vengono offerti da Epic Games per supportare designer e programmatori in tutte le fasi e su tutti gli aspetti del videogioco.

La perfetta integrazione di questa pletora di strumenti permette lo sviluppo velocissimo dell’industria dei videogames (che ricordiamo sempre, genera annualmente più introiti all’anno della industria di cinema e musica, presi insieme!) in un mercato così grande e globale. E questo anche rende chiaro come i relativamente pochi addetti allo sviluppo di videogiochi riescano a produrre così tanto con ecosistemi di prodotti bene integrati.

Questa è una cosa su cui riflettere anche quando pensiamo ad altre applicazioni: le integrazioni tra tool, l’uso di standard per permettere il riuso dei dati, amplificano l’effetto di tutto quello che viene fatto: “minimo sforzo, massimo rendimento”. E questo ecosistema di Epic Games è quello che poi permette alle piccole società di poter essere competitive con i big player, potendo contare su un game engine perfettamente adatto alla veloce realizzazione, ma che permette anche, come ci è stato ricordato, la possibilità di poter programmare in C++ al proprio interno, quando si vuole qualche feature particolare, cosa che è sempre necessaria, come ci ha spiegato Matteo Sosso, per poter creare un gioco che abbia qualcosa di diverso dagli altri.

CEO

La seconda parola sembra avere poco a che fare con l’informatica ed è CEO. CEO è l’acronimo di Chief Executive Officer (in pratica Amministratore Delegato) e volevo sottolineare come il CEO di Untold Games, Elisa Di Lorenzo, abbia fatto questo percorso partendo dalla sua laurea in informatica e dalla passione per i videogiochi e la programmazione. Ha ampliato la sua competenza, che era tecnologica, e la ha usata come base per poter imparare a condurre un’azienda, parlare di mercati dei videogiochi e di scelte strategiche. Insomma, ha costruito la sua strada nel tempo sulle competenze acquisite in università, condite dalla sua passione! C’è da riflettere, vero?

Fare un percorso per conto vostro

La terza, più che una parola, è una frase: “Fare un percorso per conto vostro” che è stata pronunciata quando si parlava di valutazione di un CV di un neo laureato, e veniva suggerito che, ovviamente, se aveste fatto un percorso per conto vostro di programmazione di videogiochi questo sicuramente aiutava.

È una cosa molto importante, per poter differenziare il proprio CV: ampliare le proprie conoscenze, leggere e applicare i tutorial di un nuovo linguaggio, di un nuovo framework, di un sistema operativo, di una libreria, magari non ancora famosa, ma molto interessante per qualche scopo. Inventarsi un problema, e cercare di risolverlo al meglio. E pubblicare Open Source (con cura!) il vostro risultato così che tutti sappiano che sviluppate in maniera professionale.

Tra gli esempi proposti, è stato suggerito di riscrivere un gioco, magari semplice ma programmato bene, fluido, interessante e giocabile. Pensateci! Specialmente ora che sapete che Unreal Engine è gratuito per studenti ma rimane gratuito anche se lo usate professionalmente, fino a quando non guadagnate così tanto da potervi permettere la licenza!

Il videogioco è un software ma non un software

La quarta frase (purtroppo ancora non una parola!) è particolarmente interessante “Il videogioco è un software ma non un software”. Sembra una contraddizione ma non lo è: i videogiochi hanno un importante aspetto ludico, ricreativo e quindi non devono essere solamente funzionali ma devono essere divertenti, stimolanti, ricreativi. E quindi il progettista e il programmatore di videogiochi devono essere non solamente tecnologi ma anche appassionati.

Non è un caso che chi lavora nell’industria dei videogiochi è sempre un videogiocatore, per passione. Questo è abbastanza raro nell’industria di altri software. Un esperto, tra le altre cose, di videogiochi, Giovanni Caturano (che avremo nelle prossime settimane) dice che i videogiochi sono l’unico software che invece di risolverti problemi te li crea, nel senso che tu (Mario) vorresti salvare la Principessa Peach ma il videogioco ti crea problemi per non fartelo fare: sarebbe facile creare un software che fa “Premere F1 per salvare la Principessa” e, Poff!, il gioco è terminato e hai vinto. Ma, come sapete, non funziona così.

La differenza con lo sviluppo di un altro software si avverte anche perché, come abbiamo sentito dire da Elisa Di Lorenzo, nell’industria dei videogiochi c’è bisogno di un Product Manager, non di un Project Manager, che si occupi quindi non solo degli aspetti tecnici ma coordini anche quelli di brand, di creatività, di giocabilità, etc.

Riassumendo, un seminario molto particolare, su un mercato molto particolare, di grande interesse e di grandi interessi (economici). Grazie a Epic Games e a Untold Games per l’esperienza!

Vittorio Scarano

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